Rassegna stampa

La rassegna stampa di "Solitari Blu" è in home page:
è possibile scaricare qui il .pdf aggiornato al mese di luglio 2011

 

 

qui di seguito è riportata la rassegna stampa di "Vertigine" (presentato il 26 ottobre 2008)

Alessandro Staiti - Chitarre - Febbraio 2009

Diego Capelli - Rockerilla - Gennaio 2009

Salvatore Esposito - Jam - Dicembre 2008

Profondamente oscuri senza essere dark, morbidamente romantici senza stucchevoli cadute di stile, delicatamente cantautorali senza pretese didascaliche, dannatamente psichedelici senza artificiose acidità di fondo o prevedibili abrasioni sonore.

Gli Underfloor, dopo una prolungata pausa di riflessione, sfuggono ai risucchi gravitazionali dell'oblio pubblicando il pregevole "Vertigine", secondo album della carriera dopo l'omonimo disco d'esordio.

Un lavoro (registrato in analogico) che certifica, al contempo, acquisita maturità compositiva, ponderata citazione delle fonti e intelligenza collaborativa: dalla vecchia volpe Ernesto De Pascale, alla produzione artistica, e da fior fiore di musicisti - come Francesco Magnelli, Giulia Nuti, Anton & Petru Horvath - il giovane trio fiorentino ascolta e impara, disegnando "vertiginose" traiettorie liriche e melodiche, alienandosi completamente in un mutevole nirvana sonoro, nell'accecante blu cobalto di digressioni psichedeliche a 6 corde che avvicinano il The Edge di "Achtung Baby" alle intuizioni di Marlene Kuntz, Afterhours e Benvegnù (quest'ultimo potrebbe tranquillamente far sua la bellissima "Dall'esterno").
[...]

Antonio Belmonte - Rockit - Dicembre 2008

Le 7 tracce di questo nuovo lavoro ci mostrano una bella maturità espressiva e compositiva, con un sound a metà strada tra Afterhours, Marlene Kuntz e Radiohead, facendo emergere una robustezza lirica davvero sopra la media, cosi come è nel suo complesso questo disco. Malinconia, desolazione, rimpianto e rassegnazione sono un po’ le parole chiave dei testi della band che spesso cozzano invece con un approccio acido e psichedelico come nella bellissima “Non Più Parole”, dove emerge tutto l’amore per le soluzioni stilistiche di Tom Yorke, senza dimenticare l’arrangiamento orchestrale dell’altro picco del lotto con “Ancora Un Inverno”, pezzo dotato anche di un grande appeal radiofonico [...]

Fabio Cusano - Artists&Bands - dicembre 2008

Fin da subito il primo brano, "La Mia Necessità", rende l'idea dello spessore di questo disco. Chitarre sapientemente arrangiate scolpiscono coi loro arpeggi le sfaccettature della struttura del pezzo, mentre basso (Guido Melis) e batteria (Lorenzo Desiati) si incastrano in un ingranaggio perfetto. Il tutto arricchito dai tasti del piano di un ospite di passaggio, Fabrizio Orrigo. Su questo tappeto si distende la voce di Matteo Urro, già alle chitarre, che scivola lentamente con una melodia dilatata, in contrasto col ritmo incalzante della traccia. Questo modo di cantare di Matteo rimane in tutto il disco, le sue parole sembrano posarsi con delicatezza sul ruvido delle chitarre, le sue sillabe, pacate, pronunciate con infinita lentezza. Ogni tanto spunta qualche strumento non convenzionale, come un clavicembalo, assieme ad un quartetto d'archi che sostiene i brani con eleganza e giusto equilibrio. Le armonie sono ben costruite, rimangono in testa, stupiscono, come "Novembre", dal ritornello accattivante e comunque non convenzionale [...]

Il rock melodico degli Underfloor convince, nasconde in sé quel qualcosa in più che sorprende. Davvero un bel passo avanti per una band in grado di arricchire ulteriormente il panorama nostrano.

Sonia Scialanca - Babylon Magazine - dicembre 2008

Elena Raugei - Il Mucchio.it - intervista dicembre 2008

Michele Manzotti - "L'isola che non c'era" - novembre 2008

Luca Barachetti - Intervista su "L'isola che non c'era" - novembre 2008

Francesca Odette Croxignatti - Intervista su "Musicalnews" - novembre 2008

Vi sono dei dischi che, come le collezioni di figurine custodite gelosamente in qualche cassetto a casa della mamma, amiamo trarre con cura eppoi sfogliare, sfiorare coi polpastrelli, andando alla ricerca di schegge emozionali che ci facciano provare una volta più le emozioni dell’infanzia, raccolte via via dalla nostra memoria e catalogate con cura nei suoi recessi.

Il pop obliquo degli Underfloor suscita tali sensazioni, e nobilita la scena alternativa italiana, andando a suggere umori già fatti propri negli ultimi anni da Marlene Kunz e da Afterhours (ascoltate la lunga, conclusiva “Dall’esterno” e lasciatevi travolgere dalla marea montante della melodia distorta e foggiata a piacere dal gruppo), declinandoli però personalmente, con una attitudine ancora vergine e sopra tutto decorrelata da generi e da tendenze.

L’approccio cantautorale al testo delinea con maggiore chiarezza la vena chiaroscurale di “Vertigine”, ove gli archi disegnano traiettorie colte tra le quali si insinuano gli strumenti classici della tradizione del rock. Brani quali “Bianco” e “Novembre” accrescono il valore della raffinata ricerca lirica operata dai loro autori, i quali aggiungono alla tavolozza i colori tenui della stagione del sole declinante, dei tramonti immaginifici e dei paesaggi silenti.

Cieli grigi solcati da compassate ali nere, come la musica degli Underfloor, sicuramente una delle realtà più interessanti scaturite dall’altrimenti avaro panorama musicale italiano.

Adriano Moschioni - Ver Sacrum - novembre 2008

Alessia Mazzenga - Left n. 45 - 7 novembre 2008

Gli Underfloor pubblicano il loro secondo album a distanza di quasi tre anni dal loro esordio. L’alchimia sonora del trio (basso, chitarra e batteria) è rimasta immutata e si è fatta più sicura e pronta a confrontarsi con altri suoni, per lo più acustici (12 corde, pianoforte, flauto, una sezione archi).

Un disco dominato dalle dinamiche, perfettamente enfatizzate da una registrazione orgogliosamente analogica, che restituisce tutto il fascino che questa band è capace di creare dal vivo.

Tutti gli strumenti, voce e parole comprese compongono un’unica “massa sonora”, che si muove, si contorce, parla e sospira, urla e tace, lasciando all’ascoltatore il suo spazio, per “entrare” nelle canzoni, di soppesare le poche intense parole che compongono i testi.

In un’era sempre più devota alla ridondanza, al di più, la sconvolgente essenzialità di ‘Novembre’, o la leggerezza dell’elaborato arrangiamento di ‘Ancora un inverno’, sembrano una boccata di ossigeno.

La drammaticità del ritornello di ‘Bianco’ – la frase ‘Tienimi ancora la mano’ ripetuta più volte – non solo esalta la concretezza e la fisicità della sezione ritmica ma anche quella carnalità, fatta di sangue e sudore, che tanto accomuna il suonare insieme, tutti in una stanza, vicini. Quella frase, quel desiderio di contatto, di condivisione, è l’essenza della musica degli Underfloor, che esce prepotentemente in ‘Non più parole’, un invito accorato a osare, a non aspettare.

Matteo Urro, Guido Melis e Lorenzo Desiati con ‘Vertigine’ possono essere orgogliosi di aver scritto musica che lascia una traccia, che ha il potere di entrare nel profondo parlando un linguaggio dimenticato ma non ancora del tutto scomparso.

Jacopo Meille - Musicalnews- ottobre 2008

Autori di un ottimo disco d'esordio nel 2004, gli Underfloor tornano con un lp ancora più convincente e rifinito, che li colloca senza alcun dubbio tra le formazioni di punta del nuovo rock italiano. La produzione di Ernesto De Pascale ha conferito un elemento di carisma in più, ma da parte sua il trio fiorentino ha conquistato maturità e compattezza. I richiami a Radiohead, Sigur Ros e Pink Floyd del passato si stemperano in una tela sonora malinconica, sfuggente, delicata.

Pezzi come "Novembre" e "La mia necessità" mostrano un gruppo credibile nell'interpretare il sound post-rock/alternative (dai CSI agli Afterhours), come fatto dai giovanissimi Metem, ma anche con quell'indole psichedelica tipica dei disciolti (purtroppo...) Mary Newsletter, o degli ultimi Finisterre. E' evidente in "Non ho più parole", luminosa e trascinante, con una buona cura dei suoni, elemento costante nell'intero cd.

Gli arrangiamenti per archi o l'inserimento di tastiere su un basilare trio rock funzionano bene, così l'amalgama tra un sound elettrico e vibrante e la viola di Giulia Nuti: lo provano "Ancora un inverno" e "Bianco", vetta d'intensità. Finale da brivido con la memorabile "Dall'esterno": la presenza al piano rhodes dello special guest Francesco Magnelli porta inevitabilmente ad un suono, ad un approccio, ad una dimensione, ma il pezzo è valido e convincente di suo, nelle sue tessiture lisergiche e sognanti.

Un lp rarefatto e criptico, di melodie sofferte e tinte malinconiche, di fughe e sospensioni, che scende come dolce nebbia.

Donato Zoppo - Movimenti Prog - ottobre 2008

Avevano esordito quattro anni fa, con un album autoprodotto questi fiorentini Underfloor, e oggi li troviamo alle prese con un nuovo lavoro, supportati da un’etichetta: come a dire che almeno un obiettivo minimo è stato centrato. Un risultato raggiunto con merito, infatti non sono mancati i responsi positivi sia per il debutto, che per le apparizioni dal vivo, dove la band esprime al meglio le proprie potenzialità, con un rock avvolgente e dal taglio lucidamente melodico, ma che non poggia su concetti espressivi usurati, preferendo un approccio leggero, che porta il suono a gravitare in altezza e non di stomaco.

La scelta del cantato in italiano, va vista come un’urgenza di chiarezza, piuttosto che come un limite e la voce di Matteo Urro (anche essenziale e incisivo chitarrista), pare acquistare forza da questa opzione, dipanandosi sicura tra i meandri delle liriche, affrontate sempre con sicurezza e direi saggezza, vista l’andatura melodica serena. Ma le canzoni degli Underfloor sono un gioco di squadra, niente sarebbe uguale, senza i tratteggi cromatici della sezione ritmica del bassista Guido Melis e del batterista Lorenzo Desiati.

Tra i solchi di “La mia necessità”, “Ancora un inverno”, “Bianco” e “Non ho più parole” si incuneano spesso ospiti, con deliziano con flauti, archi, pianoforte, che conferiscono profondità e saggezza al suono, una sorta di rock post (e non post-rock), che incalza sul fronte dell’energia e della scrittura e a cui non mancano elementi vagamente lisergici, che dimostrano come sia ancora possibile staccarsi dalla banalità del rock, pur scrivendo semplici canzoni.

È gratificante non trovare un termine di paragone chiaro per gli Underfloor, un trio allargato che vale la pena scoprire, perché capace di celare gradite sorprese.

Gianni Della Cioppa - Il Mucchio.it - ottobre 2008

Davide Agazzi - Il Corriere di Firenze - 27 ottobre 2008

 

Secondo album (dopo un omonimo autoprodotto), “Vertigine” vede i fiorentini Underfloor maturare decisamente sotto il profilo compositivo, presentandoci sette brani di indie-rock malinconico e immaginifico che tracciano un sentiero intrigante, lungo cui il trio formato da Matteo Urro (voce e chitarra), Guido Melis (basso e voce) e Lorenzo Desiati (batteria) potrebbe incamminarsi alla ricerca di nuove, più interessanti soluzioni.

Si diceva, dunque, di un indie-rock malinconico e, naturalmente, le liriche hanno un ruolo non secondario (“La mia necessità”), anche se sono soprattutto gli arrangiamenti a mostrare la volontà di non sottomettersi all’imperante massificazione che ci circonda. Ecco, dunque, un clavicembalo (Giulia Nuti) comparire in “Ancora un inverno”, momento che possiede un fortissimo senso di abbandono, con il cuore in pieno subbuglio, in preda alle allucinazioni dei ricordi.

E’ una musica delicata, quasi intimidita, ma che è capace di tratteggiare, intorno all’amore, simboli riconoscibilissimi per non perderlo mai di vista (“Bianco”, dove fa capolino anche il suono di una viola, ancora per gentile concessione della Nuti), oppure sa riconoscere il “veleno” dentro di noi, quando anche le stagioni ci costringono a meditare nel nostro piccolo cerchio (“Novembre”), perché, intanto, non sappiamo aspettare che i nostri sogni s’avverino (“Non più parole”).

E si procede, così, verso la fine, tra i toni elegiaci di “Insensibile”, cui il flauto di Gabriele Mori dona un certo gusto pastorale, prima di incontrare le lunghe (oltre dieci minuti) scorciatoie di “Dall’esterno”. Aperto dai tocchi liquidi del Rhodes (Francesco Magnelli), “Dall’esterno” – il momento nettamente più “alto” del disco - è un corpo aeriforme che richiama immediatamente alla memoria i Tiromancino più evocativi, stendendosi, lentamente, verso un climax noise-psichedelico davvero trascinante.

Francesco Nunziata - Ondarock - ottobre 2008

 

rassegna stampa cd "Underfloor" (2004)

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